la riforma del terzo settore (associazioni no profit)

La recente approvazione (non ancora definitiva) in Consiglio dei Ministeri degli ultimi decreti previsti dalla Legge delega di riforma del Terzo Settore (quella sul servizio civile universale è già legge), aprirà nei mesi a venire una fase particolarmente interessante. Scorrendo gli articolati dei tre decreti, Impresa sociale, 5permille e Codice del Terzo settore, si può apprezzare lo sforzo fatto dal Legislatore per ricondurre in un quadro normativo di sistema, il complesso di norme, spesso poco coerenti, che hanno orientato negli ultimi trent’anni la vita delle organizzazioni del Terzo Settore. In attesa di raccogliere i pareri delle Commissioni di Camera e Senato, ciò che affiora è una decisa enfasi sull’accountability del settore, con ampi riferimenti ai temi della rendicontazione sociale, della valutazione e della trasparenza.

Se, come traspare dalle norme e dal dibattito che ha accompagnato la riforma, l’accountability sarà sempre più rilevante per il Terzo Settore, possiamo provare a tracciare alcune implicazioni di questo salto di paradigma, a partire dalla necessità di rafforzare il bagaglio di competenze delle organizzazioni per gestire i processi di analisi e rendicontazione sociale.

Innanzitutto sarebbe auspicabile che le organizzazioni ragionassero strategicamente nel dotarsi di competenze interne in una prospettiva di medio-lungo periodo. Nessuno, infatti, conosce il modello di intervento meglio di chi lavora all’interno di un’organizzazione, così come il contesto di intervento e gli stakeholder, diretti ed indiretti, coinvolti. Naturalmente, costituire un’unità di valutazione può risultare un’attività complessa, in primo luogo per le implicazioni dirette sull’assetto dell’organizzazione. Al medesimo tempo è opportuno segnalare che l’innesco di un processo di accountability può risultare spesso laborioso, modificando profondamente il modus operandi dell’organizzazione.

Per evitare che la rendicontazione sociale rappresenti un insormontabile ostacolo, diviene necessario immaginare una serie di azioni di accompagnamento che rendano questi processi meno onerosi e sostenibili nel lungo periodo. Uno degli strumenti di accompagnamento più importanti è, senza dubbio, la formazione. Spesso nelle organizzazioni vi sono competenze connesse con la ricerca sociale che ben si armonizzano con le metodologie di valutazione. In tal senso, possedendo un quadro di riferimento disciplinare legato alla ricerca, attraverso una didattica verticale si può colmare il gap di competenze, focalizzandosi su metodi e strumenti valutati.

Tra le diverse iniziative formative sulla valutazione, c’è da segnalare il modulo “Valutazione dell’impatto per l’innovazione sociale” all’interno di MEMIS – Master Economia, Management, Innovazione sociale, organizzato da Human Foundation e dall’Università Tor Vergata di Roma, che si terrà dal 6 all’8 luglio. Tra le diverse iniziative formative sulla valutazione, c’è da segnalare il modulo “Valutazione dell’impatto per l’innovazione sociale” all’interno di MEMIS – Master Economia, Management, Innovazione sociale, organizzato da Human Foundation e dall’Università Tor Vergata di Roma, che si terrà dal 6 all’8 luglio.

Il corso ha un approccio didattico frontale e pratico, proprio perché intende fornire strumenti concreti cui poter ricorrere in piena autonomia in campo professionale, accompagnati da docenti qualificati ed esperti del settore, capaci di mostrare l’applicazione di quanto illustrato nella teoria. Insieme alla valutazione dell’impatto, il MEMIS offre approfondimenti dedicati a modelli di sostenibilità, strumenti e pratiche per l’innovazione sociale, tutti aspetti rilevanti e in linea con il nuovo indirizzo fornito dal legislatore con la Riforma del Terzo Settore.

Di buone intenzioni sono lastricate le strade dell’inferno”. Questo vecchio modo di dire bene si applica alla recente proposta di legge di Riforma del Terzo Settore. Promosso dal Governo Renzi prima ed oggi dal Governo Gentiloni, questo provvedimento infatti fa acqua da tutte le parti.

Nato per cercare di risolvere alcuni problemi “storici” del Terzo Settore si è via via trasformato per le pressioni dei diversi Gruppi di potere italiani, diventando un’assurda e incomprensibile accozzaglia di nuove norme e normettine (spesso in contraddizione tra loro) che andranno a costringere alla chiusura decine di migliaia di buone Associazioni No profit in tutta Italia (salvando invece un enorme numero di false Associazioni che sapranno pagare i giusti professionisti per continuare ad operare comunque) e ad aumentare enormemente i costi operativi di tutte le altre che decideranno di continuare le loro attività.

Dai conti che abbiamo fatto, è bene dirlo, sono esclusi tutti i costi delle ore/lavoro che i volontari e i dipendenti delle Associazioni no profit italiane dovranno spendere per adattarsi ed attuare questa Riforma. Abbiamo quindi incluso i soli costi verso professionisti esterni.

Questo articolo vuole essere solo il primo di una serie sulla Riforma del Terzo Settore, divisi per ambiti: in questo parliamo solamente dei maggiori costi e non delle contraddizioni che contiene, delle ambiguità e di tanti altri difetti di cui è piena.

Lo scopo di TeamArtist, dopo aver studiato a fondo il testo della Riforma, è di convincere i parlamentari italiani a NON APPROVARE questa Riforma. Purtroppo, infatti, piuttosto che portare avanti un testo simile è consigliabile rimanere nello stato attuale per non finire dalla padella alla brace. “La gatta frettolosa fa i micini ciechi”… anche questo modo di dire si adatta perfettamente alla situazione.

UN SACCO DI SOLDI da versare ai NOTAI e allo STATO a spese delle Associazioni No Profit

1. Tutte le Associazioni No Profit italiane (pardon, gli “Enti del Terzo Settore”), in virtù dell’articolo 12 comma 1 della riforma dovranno convocare una Assemblea Straordinaria dei Soci e provvedere alla modifica statutaria della propria Denominazione sociale: “La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di ente del Terzo Settore o l’acronimo ETS”. Peccato che molte Associazioni No Profit (circa 50mila) siano state fondate in atto pubblico e per questo motivo dovranno sborsare circa 1.000 euro di costi notarili per questo scherzetto (tolti i costi operativi che non vengono mai calcolati dell’organizzare una Assemblea Straordinaria dei soci e tutto quello che ne consegue). Mentre tutte le altre (circa 450mila) dovranno provvedere ad una nuova Registrazione presso gli Uffici del Registro della Agenzia delle Entrate ad un costo di circa 300 euro (tra imposta di registro e marche da bollo). PS: ci sono anche altri 11 punti della Riforma che imporranno modifiche statutarie… ma serve un articolo dedicato solo a questo per approfondire l’argomento.

Stiamo parlando di circa 50 milioni di euro regalati ai notai e di 135 milioni di euro incassati dallo Stato.

Ah, attenzione: da questo provvedimento sono però esentati i soli Enti Religiosi…

UN SACCO DI SOLDI per i COMMERCIALISTI a spese delle Associazioni No Profit

2. Grazie all’articolo 13 della riforma si introduce l’obbligo di redarre un vero e proprio Bilancio (e non più un semplice REFA) e che tale Bilancio sia anche depositato. Computando come costo medio (tabellare dell’Associazione Nazionale Commercialista) di redazione di un Bilancio 600 euro (stando davvero bassi) per 500mila Associazioni No Profit si parla di circa 300 milioni di euro di nuovi Costi.

UN SACCO DI SOLDI per le ASSICURAZIONI a spese delle Associazioni No Profit

3. Tutte le Associazioni No Profit italiane/ Enti del Terzo Settore, in virtù dell’articolo 18 comma 1 della riforma, che si avvalgono di volontari dovranno “assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi”.

Prendiamo il caso di un papà che porta i bambini della Banda a suonare alla Sagra Religiosa… Se sta agendo in nome e per conto dell’Associazione sicuramente i danni che lui potrebbe provocare a Terzi e a sé stesso saranno già coperti dalla RCT in carico al Presidente e Responsabile Legale dell’Associazione stessa. Prevedere una seconda polizza, doppia, rispetto a quella del Presidente non solo è inutile (in Italia risponde per legge sempre e solo UNA sola Assicurazione nel caso di risarcimento danni, anche se nei hai fatte 10) ma costituisce un enorme spesa economica.

Facciamo due calcoli? I volontari in Italia sono 6 milioni. Una polizza a tutela del volontario che preveda anche una RCT non può costare MENO di 150 euro annui. Stiamo parlando di un regalo da 900 milioni di Euro alle Compagnie di Assicurazioni italiane.

UN SACCO DI SOLDI per gli AVVOCATI a spese delle Associazioni No Profit

4. Questa è più sottile e più delicata da raccontare. E’ nascosta all’interno dell’articolo 29 “Denunzia al tribunale e ai componenti dell’organo di controllo”. Si scrive, nella sostanza, che se il 10% degli associati di una Associazione ravvisano delle irregolarità possono fare una denuncia in Tribunale (applicando l’articolo 2409 del Codice Civile) e il Tribunale è OBBLIGATO a prendere tutta una serie di provvedimenti.  Immaginiamo già cosa succederà, ad esempio, nelle Associazioni Anziani o di Pensionati degli 800 comuni d’Italia, composti in media da 40-50 persone. Basteranno 4-5 vecchietti bizzosi per creare un casino pazzesco nelle procure di tutta Italia (già oberate di lavoro) e foraggiare frotte di legali.

Il costo di questo provvedimento è difficile da valutare. Ma visto che un Avvocato per seguire un primo grado civile chiede in media circa 4.000 euro, se prevediamo un 1% di denunce annue, possiamo calcolare circa un costo per le Associazioni italiane di 20 milioni di euro all’anno.

Ovviamente anche da questo provvedimento, stranamente, sono però esentati i soli Enti Religiosi…

UN SACCO DI SOLDI per i REVISORI CONTABILI a spese delle Associazioni No Profit

5. Articolo 30 “Organo di controllo”, comma 5. Si impone Alle Associazioni No Profit italiane che abbiano certe caratteristiche (attivo nello stato patrimoniale superiore ai 110mila euro o Entrate superiori ai 220mila euro annue o 5 dipendenti) di avere un Organo di Controllo (quello che si è sempre chiamato il “Collegio dei Revisori” TUTTI scelti nell’albo dei Revisori Contabili.

Poichè la media dei compensi di UN revisore contabile iscritto all’albo è in media MINIMO 7.000 euro all’anno se immaginiamo che le Associazioni no profit chiamate a quest’obbligo siano circa 50mila in tutta Italia, possiamo dire che questo extra costo sia di circa 350 milioni di euro/anno in più per le Associazioni No Profit italiane.

tratto da Team Artist

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